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Intervista a Elliot Trotter

Intervista a Elliot Trotter

Eliott Trotter è atleta, poeta, creativo, come scrive nel suo blog, redattore capo di Skyd Magazine, web-zine americana che si occupa di Ultimate, e giocatore nei Seattle Rainmaker. Ci sembrava insomma la persona giusta da cui iniziare e magari carpire qualche consiglio o, che so, segreto.  

Matteo Simonetti: Leggendo un po' di cose online su di te, mi sono reso conto che il tuo lavoro è iniziato nel 2010. Dopo tre anni, ti ritieni soddisfatto? È cambiato qualcosa nel tuo modo di vedere le cose?

Elliot Trotter: Aver lanciato e gestito Skyd Magazine per tre anni mi ha portato un sacco di soddisfazioni. Così come tanto e duro lavoro. Quando abbiamo iniziato con Skyd, avevamo senza dubbio grandi speranze su quello che avremmo potuto raggiungere. All’inizio volevamo essere qualcosa tipo l’ESPN.com dell’Ultimate. Il nostro obbiettivo era quello considerare tutto, mostrando quanti più argomenti possibili, in modo da raggiungere quante più persone possibile. L’idea era di unire le voci di questo sport sotto un’unica bandiera. Credo che ci siamo riusciti, e che durante quest’esperienza, abbiamo insegnato molto alla comunity dell’Ultimate. In tre anni abbiamo imparato che per ora, l’essere l’ ESPN.com di questo sport non è sostenibile, almeno non come lo avevamo immaginato inizialmente. All’inizio il nostro obbiettivo era di creare qualcosa che avesse tanto valore per lo sport e che fosse qualcosa di sostenibile. Quindi sì! Abbiamo assolutamente cambiato più e più volte la nostra visione delle cose. E fra non molto lo faremo alla grande.

M.S. Raccontami un momento particolarmente bello che hai avuto lavorando per Skyd Magazine.

E.T. Ho un ricordo divertente e recente al Windmill, dove tutti i ragazzi di RISE UP e Skyd si sono vestiti da Hulk Hogan terrorizzando la gente alla festa. Altri bei momenti li ho avuti semplicemente nell’intervistare giocatori straordinari oppure grazie al sentimento di rispetto da parte delle persone che davvero apprezzano cosa Skyd ha fatto e sta facendo.

M.S. Quest’anno siete stati molto presenti in Europa, all’ ECBU a Barcellona e al Windmill ad Amsterdam. Cosa ne pensi dell’Ultimate in Europa? E cosa ne pensi delle squadre italiane, se hai avuto modo di vedere i nostri giocatori?

E.T. I giocatori di Ultimate in Europa sono fantastici. Sembra davvero che stiano apprezzando quello che Skyd sta tentando di fare per lo sport e che loro stessi lo stiano rinnovando in alcuni aspetti dove l’Ultimate americano è un po’ stagnante. L’Europa ha ancora da crescere molto in futuro, ma io ho grandi aspettative. Non ho avuto abbastanza tempo per esaminare molte squadre italiane, ma ho giocato con i  Salutami ‘Ntonio di Milano per qualche mese, quando studiavo lì nel 2007. Mi sono davvero piaciute le persone che ho conosciuto e la loro propensione nel lasciare lanciare a uno spericolato americano un mucchio di terribili hammer.

M.S.  Una domanda sullo sport. Credo che l’Ultimate riguardi molte cose: forza, resistenza, concentrazione, strategia e competitività, ma anche amicizia, senso del gruppo, integrità e correttezza. Quale credi sia la cosa  più importante in questo sport, come giocatore e come giornalista? E qual è la chiave vincente per una squadra?

E. T. Come giocatore e giornalista, la cosa più importante nell’ultimate è la personalità. La propensione unica e spesso ribelle dei giocatori nello sfidare lo status quo, mantiene freschi lo sport e la sua comunità. Questo si manifesta in molti modi, dalla stravaganza dei temi dei tornei al cappello che uno decide di indossare. Questo vivo senso di individualità è molto avvincente. Per quanto riguarda i punti di forza di una squadra vincente: 
- Ogni vittoria viene dalla convinzione che voi vincerete
- Nella tua squadra ci si affida agli altri e c’è fiducia reciproca
- La tua squadra sa come impegnare costantemente le energie
- Abilità: il punto di partenza è che, se i giocatori nella tua squadra non sono abbastanza bravi (buoni lanci, buoni tagli) la tua squadra non sarà abbastanza brava. Ci vogliono più o meno dieci anni per diventare davvero bravi nell’ultimate. Se la tua squadra non ha un nucleo di giocatori che hanno dedicato questo tempo allo sport, perderà contro le squadre che lo hanno. Più tempo la tua squadra si allena, sia individualmente che come team, e meglio sarà.

M.S. Recentemente la WFDF ha incontrato il comitato Olimpico. Credi ci siano possibilità serie per l’Ultimate di entrare nei giochi olimpici? E come credi che questo possa influenzare l’Ultimate?

E.T. Credo sia possibile che l’Ultimate entri nei Giochi Olimpici. Non mi aspetto certamente che succeda presto, anche se un aumento della popolarità potrebbe dare al comitato una ragione per seguire lo sport. Ho sentito però un paio di ragioni per cui l’Ultimate non ce la farebbe ad arrivare alle Olimpiadi, come il poco interesse per gli sport di squadra o la non sufficiente copertura internazionale. Non ne so abbastanza per poterne parlare con autorevolezza, certo mi divertirei a guardare l’ultimate durante le Olimpiadi e credo che lo stesso valga per molte altre persone. Essere nei Giochi Olimpici aiuterebbe lo sport a crescere. Ci sono certamente un sacco di questioni da risolvere, come se ci dovrebbero essere arbitri, osservatori o un totale auto arbitraggio. Non credo che conti particolarmente. Io ho le mie personali opinioni sulle regole dell’ultimate, ma ci saranno sempre sottoregole, e, onestamente, è divertente provare a giocare in modi diversi. Le regole del gioco cambiano di continuo, e ci possono essere diversi regolamenti per differenti categorie ed eventi. L’aspetto di fondo dell’ultimate può però  essere applicato in tutte le varianti, senza che nessuno impazzisca.

M.S. Hai qualche consiglio da darci? Di cosa soprattutto credi ci sia bisogno per aiutare questo sport a crescere in Italia?

E.T. Coinvolgere tutti. Essere un catalizzatore per le persone, per far festa e per celebrare lo sport in Italia. Essere pronti a lavorare duramente. Per far crescere lo sport in una comunità. Ispirare i giovani attraverso i media e con dimostrazioni, dando loro la possibilità di giocare e mostrandogli in modo chiaro come entrare a far parte del gioco e come crescere da giocatori. Vi consiglio fortemente di partire in piccolo. Allestite un campo estivo o una categoria giovanile e buttateci tutte le vostre risorse. Prendetevi seriamente. Ma non temete di evolvere. Dulcis in fundo, accogliete gli insuccessi.

M.S. Dove vedi te e il tuo magazine nei prossimi due anni?

E.T. Skyd cambierà senza dubbio il suo focus e la sua funzione nell’immediato futuro. Non posso raccontarvi troppo ma, in un certo senso, lasceró la decisione alla comunity. Il futuro di Skyd è davvero legato al mio personale desiderio di continuare ad essere coinvolto nello sport. Sono ad un punto della mia vita in cui sto rianalizzando le cose e pensando molto alla sostenibilità e crescita personale. Non ho ancora preso una decisione, ma quello che posso dire è che amo essere parte dell’ultimate e voglio dare un contributo a questa stimolante community.

M.S. E per finire: Hammer o non Hammer?

E.T. Scoober.

Fonte: Ultimatefrisbee.it